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Lexicon sulla Realtà Virtuale per digitally aware literate, parte prima. Pubblicato in Filodiritto.it (III post)


Dovevamo ascoltare Collingridge. La riflessione sulla Realtà Virtuale è pericolosa lasciata ai soli tecnici.
Questa considerazione mi ricorda quello che scriveva André Glucksmann in una introduzione a “Della guerra” celeberrima opera di Carl von Clausewitz: “è pericoloso lasciare il pensiero militare ai soli generali senza che questo non sia preso in esame anche dalla società civile”.

Per quanto provocatoria e paradossale possa sembrare questa affermazione, non è azzardato richiamare l’attenzione sulla necessità di riflettere sullo sviluppo tecnologico uscendo dai ristretti confini della tecnocultura che domina gran parte del nostro pensiero, e della nostra idea di futuro.

Chi vi scrive, benchè non sia che un semplice folletto agli ordini di Belzebù, ha abbracciato e fatto parte integralmente di questo pensiero, le cui origini e presupposti traggono origini e energia dalle controculture libertarie californiane degli anni ’60 e ‘70 che hanno visto emergere personalità i cui nomi Gates, Jobs, Page, Zukemberg, sono patrimonio della cultura del mondo.

Oggi a quel pensiero si addebitano numerose critiche. È sotto gli occhi di tutti come il modello culturale che vedeva il digitale e le nuove tecnologie con le sue promesse di democratizzazione e liberalizzazione del sapere, la creazione dei mezzi per la condivisione e la disintermediazione della conoscenza, l’insorgere di una intelligenza collettiva, non dico siano state tradite, ma certamente distorte.

Quando è avvenuto? Cosa è avvenuto?

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