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L’elaborazione di un progetto di realtà virtuale non può essere la riduzione della realtà, ma deve essere principalmente un processo di co-creazione.


Non è dunque un caso che le tecnologie della realtà virtuale siano irresistibilmente attraenti sia alle necessità dell’architettura con la sua capacità di precedere il reale, sia alle persone a cui è rivolto il progetto, anche le meno propense al sussidio delle tecnologie, che permette di vivere in forma nuova ciò che l’esperienza immaginaria del gioco gli ha insegnato.

Questa riflessione fra gioco, dimensione immaginaria, progetto e architettura prende spunto da una esperienza personale che ho avuto il piacere di vivere questo inizio estate 2021 assieme al mio collega e amico Tommaso Correale Santacroce.

Si è trattato di una esperienza di realtà virtuale immersiva realizzata da T.E.A.M. (Team Enhanced Architectural Modeling), un progetto di ricerca di POPLAB, laboratorio di ricerca e sviluppo che nasce per sperimentare la connessione tra tecnologie digitali e immersive, architettura e design con sede a Rovigo.

Il loro lavoro prende ispirazione e dà corpo – letteralmente – al lavoro di un grande architetto romano, Maurizio Sacripanti, uno straordinario rappresentante dell’architettura italiana. I suoi progetti più innovativi sono stati realizzati tra gli anni ’60 e ’70 tra i quali Il progetto per il padiglione italiano all’Expo Internazionale di Osaka’70, con i suoi anelli mossi da un ritmo combinatorio.

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