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Riflessioni e appunti tratti dalla VR Experience “Embodiment dell’assenza. The Peaceful Places” di Margherita Landi, fatta al MEET nel VR Corner.


Molti di questi testi e idee li ho condivisi con Margherita e Stex Stefano Lazzari (suo è il titolo geniale di ‘Embodiment dell’assenza”) prima della performance. Durante tutto l’act regna l’assenza: vallo a dire tu ad un occidentale che vuoto e pieno si equivalgono….
Ho pensato, come escamotage narrativo, di suddividere questa breve narrazione in quattro atti: ci provo.

Atto primo. Il corpo assente

Così scrive Drew Leder: “Nell’esplorare l’intreccio di presenza e assenza, l’etimologia può ancora svolgere un ruolo suggestivo. La parola assenza deriva dal latino esse, ovvero “essere”, e ab, che significa allontanarsi. Un’assenza è l’essere-lontano-di-qualcosa. Il corpo vissuto, come natura estatica, è ciò che è lontano da se stesso. Eppure, questa assenza non equivale a un semplice vuoto, a una mera mancanza di essere. La nozione di essere è, dopotutto, presente nella stessa parola assenza”.

Il corpo molto spesso non lo sentiamo anzi, molto spesso non lo ascoltiamo: il corpo è una ‘morbida macchina’ direbbe William Burroughs, richiede attenzione e cura, volendo anche amore. Ma anche una certa scioltezza gentile nel gestirlo: pur sempre certe parti sono del tutto meccaniche e non vogliamo né vedere né vendere santità dove c’è solo olio lubrificante.

Il nostro corpo ma anche il corpo degli altri vivono tra miraggi, sogni e previsioni. Lo abbiamo scritto io e Stex nel libro “Ultrasoma”: il corpo passato, presente e futuro vive anche nelle sue estensioni. Insomma, un corpo aumentato che cosa è, quale funzione ha? Sono corpi con pluri identità, come quelle disegnate nelle Grotte di Lascaux oppure quelle creati da Pirandello, ma … chi ha la capacità di contarle?

Atto secondo. L’assenza è radicata nell’incorporazione

Jacques Derrida scriveva: “L’assenza è radicata nell’incorporazione degli esseri umani e nel mondo che li circonda. Questo è il caso anche se le assenze si riferiscono a entità che non sono presenti”.
Possiamo parlare di neuroni specchio, parlare di che cosa succeda quando camminiamo in qualche piattaforma 3D grazie al nostro avatar, che cosa succede nella nostra mente quando viviamo qualcosa che non è prettamente materiale come un’emozione, come un’escursione in un mare di Second Life come una riunione in ufficio in Sansar, come un moto di allegria? Che cosa succede se una persona è lontana? L’assenza è un vuoto oppure è una parte essa stessa della presenza? E se al posto di una persona fosse un abbraccio ‘a mancare’?

Atto terzo. Il vuoto come affermazione dell’essere

Così scrive Byung-chul Han: “Il vuoto o l’assenza, nel buddhismo zen, non è una semplice negazione dei fenomeni o una forma di nichilismo. Rappresenta piuttosto un’estrema affermazione dell’essere”.
Ecco, ora, la performance sta finendo: “con i visori abbiamo provato a guardare sei persone che si abbracciavano con piacere, amore… il climax ora si è acquetato”. E posso dire le prime sensazioni che ho provato: i piccoli miracoli esistono. Sono contro la tecnologia quando spersonalizza, quando è gadget, cartongesso, Disneyland, un magazzino impolverato, un disco rotto, un marchingegno, una scusa o una bugia: non ci ho mai creduto al bianco separato dal nero, figurarsi l’alto dal basso, il giorno e la notte.
Con la performance di Margherita Landi ho visto tanti sguardi interrogativi che significano stupore, timore, comunque emozioni ed energie che scorrono: ad averne. Una tecnologia amica diventa volentieri liturgia antica, per tentare di farci tornare la memoria: “Ti ricordi quanti abbracci ci siamo persi da quando siamo nati?”

Atto quarto. L’artista si assenta dalla tela

Viana Conti scriveva: “L’artista si assenta dalla tela, legata per tradizione, per convenzione, alla pittura dei maestri del passato. E questo è già un primo cenno di sottrazione. (…). Tra il più e il meno, Roberto Ciaccio sottoscrive il meno (…)”.
Negli eventi le persone presenti a guardare o condividere sono spesso importanti, con tesori nascosti, con ‘non è solo una macchia scura
il cielo’, con apparenti discomposizioni, lune pallide, impegni. E’ così, sempre: talvolta bisognerebbe voltare le spalle ai palcoscenici e guardare chi guarda. In questo caso c’erano due persone che mi legavano al ricordo di tanti momenti belli e sempre impegnativi passati con un amico artista. Di lui parla la citazione sopra.


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