Tempo di lettura: 2 minuti

La Digital transformation non è un aspetto generale della globalizzazione, ma entra nel nostro personale attraverso i nostri dispositivi, la nostra realtà lavorativa e privata.


Sembrerebbe un’ovvietà, ma in effetti è una constatazione della cruda e nuda realtà, la scarsa percezione fra decisori e imprenditori di questo semplice assunto: è tutta la filiera, dall’individuo alla società che ne va a far parte; se solo un segmento di questa partecipa al cambiamento, allora la trasformazione non avviene, o si esaurisce, o ha breve durata.

Di questa disomogeneità non c’è da stupirsi, anzi è la regola. L’innovazione non procede in tutti gli strati della società a ondate omogenee, piuttosto va per balzi e sovrapposizioni, seguendo come l’acqua la via più breve, seguendo la migliore pendenza, penetrando in profondità là dove il territorio lo consente. Eppure, è un processo che agisce indipendentemente dalla presa di coscienza di individui, organizzazioni e istituzioni, agendo su di noi.

La definizione che da Wikipedia della Digital transformation è chiara:

“indica un insieme di cambiamenti prevalentemente tecnologici, culturali, organizzativi, sociali, creativi e manageriali, associati con le applicazioni di tecnologia digitale, in tutti gli aspetti della società umana. Agendo in maniera organica e combinata su questi elementi la digital transformation va oltre la semplice adozione di nuove tecnologie […] creando pervasivamente nuove connessioni tra persone, luoghi e cose”.

Dunque, è anche la persona a essere necessariamente al centro di questo processo, che coinvolge sempre più da vicino il corpo in tutte le sue manifestazioni: la fisicità del movimento (le tecnologie indossabili, lo spatial computing che la presuppone), la propriocezione e l’espressione del volto (le tecnologie del Facial Recognition, unite al motion capture), la fisiologia delle sue manifestazioni vitali (i sensori che registrano ogni funzione dell’organismo). Non mi stupirei della nascita di una scienza cyberantropologica a breve, ad oggi costituita da avanguardie di subculture tecnofile, che ne tracci e riveli i comportamenti sociali e culturali.
… (segue)

Prosegui la lettura in Filodiritto >>

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Leave the field below empty!