Neuromarathon 2023 è stato un giro del mondo (24 ore no stop) sull’attività cognitiva, emozionale e sensoriale con l’intervento di 44 tra i più autorevoli esperti di Neuromarketing al mondo. Io e Stex eravamo speaker (con il proprio avatar) nella tappa “Metaverso ed Embodiment”. Un viaggio nelle mente e nelle emozioni degli avatar per capire meglio gli uomini e, con l’intervento di Fiamma Rivetti (Behavior and Brain Lab di IULM) di cui parleremo in un prossimo articolo, atterreremo nella terra delle emozioni d’acquisto. Qui di seguito una specie di diario interiore del nostro intervento: parte Stex con “Avakindness” e chiudo io con “Extra Corpus Domini”.
“Avakindness”, essere avatar
Ci siamo posti la domanda se la condizione del tutto originale di essere ibridati in una realtà che non separa il reale dal simulacro e che tende di fatto ad attribuirne la stessa valenza, ridefinisca il nostro desiderio, lo plasmi attraverso una forma d’esperienza nuova, la condivisione di reale e virtuale, cioè, in un estesissimo continuum fra immaginario e realtà. Ce la siamo posti nell’ottica di dare una risposta al quesito all’interno degli interventi della NeuromarathonAinem, che cerca di dare risposta ai tanti interrogativi, scientifici, etici, economici sull’evoluzione del marketing al tempo delle intelligenze artificiali e della realtà estesa, termine che oggi ingloba un po’ tutte le esperienze virtuali.
Cosa desideriamo, come diamo soddisfazione ai nostri desideri? Il marketing è in grado di intercettarne le nuove forme? E’ in grado di dimostrare cosa accada non dico nell’anima, ma almeno nella mente e nella coscienza e, di conseguenza, cosa li convinca a far seguire al desiderio, un atto d’acquisto? Nel virtuale, in forma d’avatar, il desiderio si amplia? Si sostituisce o si sovrappone al desiderio, come dire… “normalmente umano”? Io credo che il desiderio rimanga solo e squisitamente desiderio, in qualunque forma noi siamo. Nell’avatar, nella sua essenza di maschera c’è il duplice e ambiguo: vela e rivela al contempo. In questa duplice pulsione si svolge il sottile duello tra resistenza all’impulso e la sua soddisfazione. Diversamente credo si ampli e moltissimo, il terreno del desiderabile.
Il mercato dell’immateriale si affianca a quello del materiale, e questo crea nuovi desideri, desideri, diciamo così, d’avatar (umani, anzi, umanissimi): per esempio bellezza, gratificazione, sicurezza… Tutte questi sentimenti hanno bisogno di forme, e, quindi, diventano oggetti che le incarnano e che diventano così l’oggetto di nostri nuovi desideri. Questo mercato è in espansione, e lo sarà sempre di più. Questo vede lo svilupparsi, in parallelo, di nuovi brand, nuova creatività, nuovi prodotti, conseguentemente nuove professioni. I modelli di questo nuovo mercato già esistono, chiunque frequenti, sia residente in una forma di virtualità nei mondi “user generated content” è consumatore di necessità immateriali, che hanno già costruito filiere di prodotto, modalità d’acquisto, forme di comunicazione e marketing endogene: un ecosistema del desiderio immateriale. Di questo ecosistema che è tutto ben visibile e presente in rete si è ancora poco studiato. Vive una dimensione magica, come d’invisibilità, come invisibile è il mondo magico di Henry Potter che vive oltre quello che i “babbani” riescono a percepire.
L’esperienza di “avakindness”, essere avatar non è immediata, non basta l’immersione, ci vuole la frequentazione, ci vuole un pizzico di predisposizione all’imaginario, ma soprattutto ci vuole vissuto: chi non ci va, non vede.
Extra Corpus Domini
Se seguiamo l’intuizione di Luca Berta che ipotizza la “totale linguisticità dell’esperienza cosciente” possiamo azzardarci ad affermare che l’incarnarsi nel proprio avatar rappresenti una esperienza prettamente linguistica. Un’esperienza fatta di frammenti di linguaggio, di crasi, quindi di un data processing elaborato da intelligenze estese, non per forza artificiali. In questo contesto i neuroni specchio ci dicono qualcosa: siamo quello che vediamo (anche mentalmente) e quindi si può parlare di molteplici esperienze corporee sino a comporre un “ultrasoma” che è la convergenza dell’umano, del virtuale, della robotica. In questa centrifuga fantascientifica – ci siamo immersi ormai da qualche anno – stiamo atterrando in un nuovo continente chiamato Extended Reality – AI compresa, naturalmente: qui la creatività immaginifica avrà un ROI altissimo. Ecco la scommessa sottesa al brevissimo journey mio e di Stex dentro la Neuromarathon, incarnati nel nostro avatar. Immergersi nel futuro è sempre un bel volo, dalle tante sfaccettature e dal moltiplicarsi di tanti occhi per un nuovo “guardare”. Nei Creators landscape del metaverso essenzialmente si incontra se stessi (si fa i conti con se stessi, più esattamente) un po’ quello che succede la prima volta in cui ti trovi in mezzo ad un deserto esteso: in un incrocio virtuoso tra le sinapsi della mente umana, i valori del corpo transalto e l’essenza terrosa della trascendenza, emerge un “miracolo”: trascendiamo in molti aspetti di noi stessi grazie ad esperienze diversamente immersive.